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Einaudi
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Pietro è un ragazzino di città, solitario e un po' scontroso. La madre lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un uomo ombroso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia. I genitori di Pietro sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. La montagna li ha uniti da sempre, anche nella tragedia, e l'orizzonte lineare di Milano li riempie ora di rimpianto e nostalgia. Quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quel luogo "chiuso a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l'accesso" ma attraversato da un torrente che lo incanta dal primo momento. E li, ad aspettarlo, c'è Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma invece di essere in vacanza si occupa del pascolo delle vacche. Iniziano così estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri più aspri. Sono anche gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, "la cosa più simile a un'educazione che abbia ricevuto da lui". Perché la montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare, e sarà il suo lascito più vero: "Eccola li, la mia eredità: una parete di roccia, neve, un mucchio di sassi squadrati, un pino". Un'eredità che dopo tanti anni lo riavvicinerà a Bruno.
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L'arte della gioia è un libro postumo: giaceva da vent'anni abbandonato in una cassapanca e, dopo essere stato rifiutato dai principali editori italiani, venne stampato in pochi esemplari da Stampa Alternativa nel 1998. Ma soltanto quando uscí all'estero - in Francia, Germania e Spagna - ricevette il giusto riconoscimento. Nel romanzo, tutto ruota intorno alla figura di Modesta: una donna vitale e scomoda, potentemente immorale secondo la morale comune. Una donna siciliana, una «carusa tosta» in cui si fondono carnalità e intelletto, che attraversa bufere storiche e tempeste sentimentali protetta da un infallibile talismano interiore: «l'arte della gioia». Modesta nasce il primo gennaio del 1900 in una casa povera, in una terra ancora piú povera. Ma fin dall'inizio è consapevole, con il corpo e con la mente, di essere destinata a una vita che va ben oltre i confini del suo villaggio e della sua condizione. Ancora ragazzina è mandata in un convento e da lí, alla morte della madre superiora che la proteggeva, in un palazzo di nobili. Qui il suo enorme talento e la sua intelligenza machiavellica, le permettono di controllare i cordoni della borsa di casa, e di convertirsi in aristocratica attraverso un matrimonio di convenienza. Tutto ciò senza mai smettere di sedurre uomini e donne di ogni tipo. Amica generosa, madre affettuosa, amante sensuale, Modesta attraversa la storia del Novecento con quella forza che distingue ogni grande personaggio della letteratura universale.
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Moscou, 1927. Que ses propres histoires se mêlent à la réalité au point de prendre vie: n'est-ce pas le rêve secret de tout narrateur? C'est ce qui arrive à Aleksandr Bogdanov, écrivain de science-fiction, mais aussi révolutionnaire, scientifique et philosophe. Alors que les préparatifs sont en cours pour célébrer le dixième anniversaire de la révolution d'Octobre et que l'épreuve de force entre Staline et ses adversaires approche, l'auteur du célèbre Red Star reçoit la visite d'un personnage qui semble provenir directement des pages de son roman.
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A questo romanzo (pensato e scritto in tre anni, dal 1971 al 1974) Elsa Morante consegna la massima esperienza della sua vita "dentro la Storia" quasi a spiegamento totale di tutte le sue precedenti esperienze narrative...
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«L’amore è incomprensibile, una forma di pazzia». Nel candore dello sguardo di Elba il manicomio diventa un luogo buffo e terribile, come la vita, che Viola Ardone sa narrare nella sua ferocia e bellezza.
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Ci sono animali liberi, cupi e selvatici, altri che cercano una mano morbida e un rifugio. In mezzo, tra l’ombra e il sole, scorre il fiume. I due fratelli sono Luigi e Alfredo, un larice e un abete: a dividerli c’è una casa lassù in montag
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Non esiste un’età senza paura. Siamo fragili sempre, da genitori e da figli, quando bisogna ricostruire e quando non si sa nemmeno dove gettare le fondamenta. Ma c’è un momento preciso, quando ci buttiamo nel mondo, in cui siamo esposti...
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Maria e Tzia Bonaria vivono come mamma e figlia, ma la loro intesa ha il valore speciale delle cose che si sono scelte. La vecchia sarta ha visto Maria rubacchiare in un negozio, e siccome nessuno la guardava, ha pensato di prenderla con sé, perché «le colpe, come le persone, iniziano a esistere se qualcuno se ne accorge». E adesso ha molto da insegnare a quella bambina cocciuta e sola: come cucire le asole, come armarsi per le guerre che l'aspettano, ma soprattutto come imparare l'umiltà di accogliere sia la vita sia la morte.
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«C'era qualcosa in me che chiamava gli abbandoni». Adriana irrompe nella vita di sua sorella con la forza di una rivelazione. Sono state bambine riottose e complici, figlie di nessuna madre...
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Tra le pagine vive di questo libro purificatore abbiamo l'impressione di attraversare non le stagioni di un anno, ma di una vita intera. Fausto si è rifugiato in montagna dopo la fine del suo matrimonio, Silvia sta cercando qualcosa di sé..
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"Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie". Si apre cosi la lettera che Vanda scrive al marito che se n'è andato di casa, lasciandola in preda a una tempesta di rabbia impotente e domande che non trovano
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«La paura finisce dove comincia la verità». Maria Cristina Palma ha una vita all'apparenza perfetta, è bella, ricca, famosa, il mondo gira intorno a lei. Poi, un giorno, riceve sul cellulare un video che cambia tutto...
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Monza, marzo 1936: sulla riva del Lambro, due ragazzine cercano di nascondere il cadavere di un uomo che ha appuntata sulla camicia una spilla con il fascio e il tricolore. Sono sconvolte e semisvestite...
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«Non so dire se avessi deciso già quella mattina, al momento di andare in tribunale, che sarei rimasto in aula ad aspettare la sentenza. Forse sì o forse no. Mi sedetti sulla sedia del pubblico ministero, su quella di un giudice popolare...
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Lessico famigliare è il libro di Natalia Ginzburg che ha avuto maggiori e più duraturi riflessi nella critica e nei lettori. La chiave di questo romanzo è delineata già nel titolo. Famigliare, perché racconta la storia di una famiglia ebraica e antifascista, i Levi, a Torino tra gli anni Trenta e i Cinquanta del Novecento. E Lessico perché le strade della memoria passano attraverso il ricordo di frasi, modi di dire, espressioni gergali. Scrive la Ginzburg: "Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c'incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti, o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase, una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire 'Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna' o 'De cosa spussa l'acido cloridrico', per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole".
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Arturo, il guerresco ragazzo dal nome di una stella, vive in un'isola tra spiagge e scogliere, pago di sogni fantastici. Non si cura di vestiti né di cibi. È stato allevato con latte di capra. La vita per lui è promessa solo di imprese e di libertà assoluta. E ora ricorda. Queste sono le sue memorie, dall'idillio solitario alla scoperta della vita: l'amore, l'amicizia, il dolore, la disperazione. Secondo romanzo della Morante dopo Menzogna e sortilegio (1948), L'isola di Arturo confermò tutte le qualità della scrittrice romana: l'impasto di elementi realistici e fiabeschi, la forte suggestione del linguaggio. Arturo, come Elisa in Menzogna e sortilegio, "si porta addosso la croce di far parte non di un oggi ma di un sempre".
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